Anche chi non è fan dei Beatles conosce "Revolution", uno dei loro pezzi più rock pubblicato negli USA esattamente 50 anni fa, il 26 agosto 1968 (il 30 in UK e il 19 in Italia). Meno noto è che non c'è una sola canzone con questo titolo, bensì vi sono tre (o forse quattro) diversi brani: Revolution 1, Revolution e Revolution 9.
Revolution 1
Figlia della protesta politica dei primi mesi del '68, "Revolution" fu scritta da John Lennon per esprimere la sua posizione favorevole nei confronti del movimento, ma la sua contrarietà ai metodi con cui veniva portato avanti.
All'inizio del 1968 negli Stati Uniti nacque il movimento di protesta contro la guerra del Vietnam, di cui facevano parte soprattutto studenti universitari. In marzo la protesta si fece sentire anche a Parigi e Londra, quando migliaia di persone marciarono verso l'ambasciata americana e si scontrarono con la polizia. Lennon raccontò che mentre si trovava su di una collina a Rishikesh, in India, decise che fosse giunta l'ora di esprimere la sua opinione su quella protesta e la guerra in Vietnam.
John presentò la canzone agli altri Beatles a fine maggio 1968, presso Kinfauns, la casa di George Harrison a Esher; le sessions di incisione iniziarono il 30 dello stesso mese. Era una canzone in stile blues ma molto rilassata, con un tranquillo coro "shoo-bee-do-wop" in sottofondo e una lunga coda strumentale. L'ultima track registrata, che durava 10 minuti e 17 secondi, fu presa come base per le successive incisioni. Durante la registrazione Lennon ebbe la curiosa idea di cantare il pezzo standosene sdraiato sul pavimento. Fu sempre durante una di queste sessions che stabilì di aggiungere la parola "in" al termine del verso "you can count me out" (puoi considerarmi fuori / dentro) dimostrando come fosse ancora dubbioso sul suo apporto o meno alla protesta.
La canzone era però troppo lunga, pertanto John decise di dividerla in due brani differenti, uno più classico (fu la versione che venne pubblicata nel "White Album" con il titolo di "Revolution 1") e usare la coda strumentale come base per un nuovo pezzo sperimentale, che venne chiamato "Revolution 9".
Revolution 9
Sulla traccia base di "Revolution 1" John Lennon e Yoko Ono, con l'apporto di George Harrison, registrarono numerosi effetti audio, nastri in loop e sovraincisioni, fino a 45 contributi. Si possono udire voci singole, dialoghi, urla, risate, vociare di folla, vetri in frantumi, colpi di clacson e di pistola, rumori vari, la musica di un pianoforte, altri strumenti, estratti di musica classica, suoni al contrario, modificati con eco, distorsioni e sfumature, e soprattutto la voce iniziale che continua a ripetere le parole "number nine". A questa versione collaborò anche se in misura minore Ringo Starr, ma fu invece osteggiata da Paul McCartney e George Martin.
In realtà non fu il primo pezzo del genere dei Beatles, in quanto già il 5 gennaio 1967 durante le incisioni di "Sgt. Pepper" McCartney registrò "Carnival of light", brano mai pubblicato costituito da suoni e rumori vari, caratterizzato da ticchettii di orologi.
"Revolution 9" divenne tristemente famosa in quanto fu citata, assieme ad "Helter Skelter" durante il processo a Charles Manson. Vincent Bugliosi, avvocato della polizia distrettuale di Los Angeles, dichiarò che secondo Manson il titolo della canzone fosse da interpretare come "Rivelazione 9" e fosse da collegare al racconto biblico dell'Apocalisse. Per Manson i Beatles erano i quattro angeli dell'Apocalisse che lo stavano istigando a intraprendere una "guerra razziale" per dar vita a un "nuovo ordine mondiale" (vedi approfondimento).
Revolution
Lennon avrebbe voluto che "Revolution 1" uscisse come singolo, ma gli altri Beatles erano contrari perché la ritenevano troppo lenta. John decise quindi di trasformarla in un pezzo più veloce, e le sessions di incisione iniziarono il 10 luglio 1968. La "cura" imposta alla canzone fu decisamente vigorosa: le chitarre distorte di Lennon e Harrison caratterizzano tutto il pezzo. L'effetto distorsione fu ottenuto collegando direttamente la chitarra alla console di missaggio. Il tecnico Geoff Emerick ci mise del suo, indirizzando il segnale attraverso due preamplificatori microfonici in serie, mantenendo la quantità di sovraccarico appena sotto il punto di surriscaldamento della console. Il rischio di rovinare il costosissimo impianto dello studio era tale che Emerick dichiarò "Se fossi il direttore dello studio e l'avessi visto, mi sarei licenziato".
Oltre a questo la nuova versione del pezzo non comprende il coro "shoo-bee-do-wop" e l'opinione di Lennon si era chiarita: "you can count me out", senza dubbi.
Questa terza versione venne pubblicata come B-side di "Hey Jude" e il titolo di "Revolution" senza numeri aggiuntivi.
Revolution (versione videoclip)
Il 4 settembre 1968 venne filmato il video promozionale del pezzo. I Beatles usarono la traccia musicale già registrata per il singolo "Revolution" e vi cantarono sopra. La stranezza è che riproposero la parte vocale di "Revolution 1", compreso il coro "shoo-bee-doo-wap" eseguito da Paul e George, mentre John ritornò a "you can count me out / in". Il risultato fu pertanto una quarta, nuova versione del brano. Il video di "Revolution" fu trasmesso per la prima volta all'interno del programma "Top of the Pops" di BBC1 il 19 settembre 1968.
Articolo originale pubblicato il 27/08/2018 su Onda Musicale
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John presentò la canzone agli altri Beatles a fine maggio 1968, presso Kinfauns, la casa di George Harrison a Esher; le sessions di incisione iniziarono il 30 dello stesso mese. Era una canzone in stile blues ma molto rilassata, con un tranquillo coro "shoo-bee-do-wop" in sottofondo e una lunga coda strumentale. L'ultima track registrata, che durava 10 minuti e 17 secondi, fu presa come base per le successive incisioni. Durante la registrazione Lennon ebbe la curiosa idea di cantare il pezzo standosene sdraiato sul pavimento. Fu sempre durante una di queste sessions che stabilì di aggiungere la parola "in" al termine del verso "you can count me out" (puoi considerarmi fuori / dentro) dimostrando come fosse ancora dubbioso sul suo apporto o meno alla protesta.
La canzone era però troppo lunga, pertanto John decise di dividerla in due brani differenti, uno più classico (fu la versione che venne pubblicata nel "White Album" con il titolo di "Revolution 1") e usare la coda strumentale come base per un nuovo pezzo sperimentale, che venne chiamato "Revolution 9".
Revolution 9
Sulla traccia base di "Revolution 1" John Lennon e Yoko Ono, con l'apporto di George Harrison, registrarono numerosi effetti audio, nastri in loop e sovraincisioni, fino a 45 contributi. Si possono udire voci singole, dialoghi, urla, risate, vociare di folla, vetri in frantumi, colpi di clacson e di pistola, rumori vari, la musica di un pianoforte, altri strumenti, estratti di musica classica, suoni al contrario, modificati con eco, distorsioni e sfumature, e soprattutto la voce iniziale che continua a ripetere le parole "number nine". A questa versione collaborò anche se in misura minore Ringo Starr, ma fu invece osteggiata da Paul McCartney e George Martin.
In realtà non fu il primo pezzo del genere dei Beatles, in quanto già il 5 gennaio 1967 durante le incisioni di "Sgt. Pepper" McCartney registrò "Carnival of light", brano mai pubblicato costituito da suoni e rumori vari, caratterizzato da ticchettii di orologi.
"Revolution 9" divenne tristemente famosa in quanto fu citata, assieme ad "Helter Skelter" durante il processo a Charles Manson. Vincent Bugliosi, avvocato della polizia distrettuale di Los Angeles, dichiarò che secondo Manson il titolo della canzone fosse da interpretare come "Rivelazione 9" e fosse da collegare al racconto biblico dell'Apocalisse. Per Manson i Beatles erano i quattro angeli dell'Apocalisse che lo stavano istigando a intraprendere una "guerra razziale" per dar vita a un "nuovo ordine mondiale" (vedi approfondimento).
Revolution
Lennon avrebbe voluto che "Revolution 1" uscisse come singolo, ma gli altri Beatles erano contrari perché la ritenevano troppo lenta. John decise quindi di trasformarla in un pezzo più veloce, e le sessions di incisione iniziarono il 10 luglio 1968. La "cura" imposta alla canzone fu decisamente vigorosa: le chitarre distorte di Lennon e Harrison caratterizzano tutto il pezzo. L'effetto distorsione fu ottenuto collegando direttamente la chitarra alla console di missaggio. Il tecnico Geoff Emerick ci mise del suo, indirizzando il segnale attraverso due preamplificatori microfonici in serie, mantenendo la quantità di sovraccarico appena sotto il punto di surriscaldamento della console. Il rischio di rovinare il costosissimo impianto dello studio era tale che Emerick dichiarò "Se fossi il direttore dello studio e l'avessi visto, mi sarei licenziato".
Oltre a questo la nuova versione del pezzo non comprende il coro "shoo-bee-do-wop" e l'opinione di Lennon si era chiarita: "you can count me out", senza dubbi.
Questa terza versione venne pubblicata come B-side di "Hey Jude" e il titolo di "Revolution" senza numeri aggiuntivi.
Revolution (versione videoclip)
Il 4 settembre 1968 venne filmato il video promozionale del pezzo. I Beatles usarono la traccia musicale già registrata per il singolo "Revolution" e vi cantarono sopra. La stranezza è che riproposero la parte vocale di "Revolution 1", compreso il coro "shoo-bee-doo-wap" eseguito da Paul e George, mentre John ritornò a "you can count me out / in". Il risultato fu pertanto una quarta, nuova versione del brano. Il video di "Revolution" fu trasmesso per la prima volta all'interno del programma "Top of the Pops" di BBC1 il 19 settembre 1968.
Articolo originale pubblicato il 27/08/2018 su Onda Musicale
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