Il 22 novembre 1968, esattamente 50 anni fa, i Beatles pubblicarono uno dei loro album più celebri, destinato a cambiare la storia della musica e quella del loro gruppo: "The Beatles" meglio noto come "White Album".
Nel maggio 1968 i Beatles si ritrovarono a casa di George Harrison a Esher, nel Surrey, per registrare una demo dei pezzi che avevano composto separatamente negli ultimi mesi. Il gruppo era ritornato dalla trasferta in India carico di esperienza di meditazione, e di canzoni che avevano creato nell'atmosfera e nel molto tempo libero lontano dallo stress. I brani erano ben trenta, per cui si fece subito strada l'idea di un doppio album, anche se il produttore George Martin era contrario. L'inizio ufficiale delle incisioni in studio fu il 30 maggio.
Le sedute di registrazione resero palese che, complice l'India, l'età, il successo o qualcos'altro, i rapporti tra i quattro ragazzi erano cambiati. Ognuno di loro voleva esplorare le proprie capacità in autonomia, mostrare di avere un'identità indipendente e di non essere semplicemente "uno dei Beatles". Il risultato è un album non composto da un gruppo unitario, bensì da quattro singoli artisti che sebbene riuniti sotto un nome collettivo hanno stili e pensieri differenti. Diversi brani sono composti e gestiti da un unico componente, che se va bene usa gli altri tre come turnisti, altrimenti incide da solo tutti gli strumenti e le voci. La separazione è tale che ad un certo punto Ringo Starr, non sentendosi considerato dagli altri, abbandona il gruppo senza sapere quanto durerà la sua assenza. Ritornerà dalla Sardegna dopo 12 giorni con più entusiasmo, troverà la sua batteria imbandita di fiori e la scritta "Bentornato Ringo". Ma ad allestirla fu l'assistente Mal Evans, e nel frattempo le parti di batteria erano già state incise da Paul McCartney. Non fu il solo abbandono: Geoff Emerick, tecnico di studio che aveva seguito le registrazioni di "Revolver" e "Sgt Pepper", si licenziò dopo meno di due mesi; George Martin, visto che i ragazzi non gli davano più retta, lasciò gli studi e se ne andò in ferie anche lui.
"The Beatles" indipendentemente (o forse in virtù) della sua genesi si rivela un album uniforme, non per via di un tema o uno stile comune, ma grazie alla perfezione dei brani e alla maturità compositiva raggiunta dalla band. Ogni pezzo suona indubbiamente come parte di un album dei Beatles, ma all'ascolto già fa sentire la direzione solista che il suo autore prenderà. Ogni canzone è una porta su di un mondo che si sta aprendo in quel preciso momento. Se "Sgt Pepper" potrebbe essere una sfera, rossa, unica, bellissima e perfetta, il White Album è la stessa sfera ma multicolore ed esplosa. Ogni suo frammento è magnifico e portatore di tradizione quanto di novità. Il loro Big Bang è al tempo stesso la fine di un universo e la nascita di molti nuovi.
"The Beatles" è il loro apice musicale, gli album che seguiranno saranno solo polvere cosmica.
Nel maggio 1968 i Beatles si ritrovarono a casa di George Harrison a Esher, nel Surrey, per registrare una demo dei pezzi che avevano composto separatamente negli ultimi mesi. Il gruppo era ritornato dalla trasferta in India carico di esperienza di meditazione, e di canzoni che avevano creato nell'atmosfera e nel molto tempo libero lontano dallo stress. I brani erano ben trenta, per cui si fece subito strada l'idea di un doppio album, anche se il produttore George Martin era contrario. L'inizio ufficiale delle incisioni in studio fu il 30 maggio.
Le sedute di registrazione resero palese che, complice l'India, l'età, il successo o qualcos'altro, i rapporti tra i quattro ragazzi erano cambiati. Ognuno di loro voleva esplorare le proprie capacità in autonomia, mostrare di avere un'identità indipendente e di non essere semplicemente "uno dei Beatles". Il risultato è un album non composto da un gruppo unitario, bensì da quattro singoli artisti che sebbene riuniti sotto un nome collettivo hanno stili e pensieri differenti. Diversi brani sono composti e gestiti da un unico componente, che se va bene usa gli altri tre come turnisti, altrimenti incide da solo tutti gli strumenti e le voci. La separazione è tale che ad un certo punto Ringo Starr, non sentendosi considerato dagli altri, abbandona il gruppo senza sapere quanto durerà la sua assenza. Ritornerà dalla Sardegna dopo 12 giorni con più entusiasmo, troverà la sua batteria imbandita di fiori e la scritta "Bentornato Ringo". Ma ad allestirla fu l'assistente Mal Evans, e nel frattempo le parti di batteria erano già state incise da Paul McCartney. Non fu il solo abbandono: Geoff Emerick, tecnico di studio che aveva seguito le registrazioni di "Revolver" e "Sgt Pepper", si licenziò dopo meno di due mesi; George Martin, visto che i ragazzi non gli davano più retta, lasciò gli studi e se ne andò in ferie anche lui.
"The Beatles" indipendentemente (o forse in virtù) della sua genesi si rivela un album uniforme, non per via di un tema o uno stile comune, ma grazie alla perfezione dei brani e alla maturità compositiva raggiunta dalla band. Ogni pezzo suona indubbiamente come parte di un album dei Beatles, ma all'ascolto già fa sentire la direzione solista che il suo autore prenderà. Ogni canzone è una porta su di un mondo che si sta aprendo in quel preciso momento. Se "Sgt Pepper" potrebbe essere una sfera, rossa, unica, bellissima e perfetta, il White Album è la stessa sfera ma multicolore ed esplosa. Ogni suo frammento è magnifico e portatore di tradizione quanto di novità. Il loro Big Bang è al tempo stesso la fine di un universo e la nascita di molti nuovi.
"The Beatles" è il loro apice musicale, gli album che seguiranno saranno solo polvere cosmica.
Articolo originale pubblicato il 19/11/2018 su Onda Musicale
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