06 giugno 2019

3 febbraio 1959: il giorno in cui la musica morì

The Day the Music Died
"The day the music died"
è comunemente chiamato il giorno in cui un incidente aereo portò alla morte le tre star del rock and roll Buddy Holly, J. P. Richardson e Ritchie Valens, in circostanze mai chiarite del tutto.

Stati Uniti, inverno 1959: Buddy Holly, J.P. "The Big Bopper" Richardson, Ritchie Valens e Dion DiMucci, giovanissimi (rispettivamente 22, 28, 17 e 19 anni) ma già idoli del rock and roll erano impegnati in un tour, assieme alle proprie band. Il "Winter Dance Party" consisteva in una serie di concerti dal 23 gennaio al 15 febbraio, in ventiquattro diverse località negli USA, ovvero una città al giorno.

Fin da subito l'organizzazione iniziò a mostrare delle importanti falle, e le nevicate del periodo peggiorarono le cose. Le tappe distavano troppo tra di loro, e l'ordine delle città stabilite non seguiva un percorso logico, ma costringeva gli artisti a procedere a zig-zag per gli Stati Uniti. Il pullman fornito dall'organizzatore era un vecchio scuolabus dismesso, non equipaggiato per viaggiare in inverno e sulla neve, sul quale dovevano stare assieme tutte e quattro le band. Il mezzo si rompeva spesso, e veniva sostituito da uno analogo: solo nei primi 11 giorni di tour ne cambiarono 5. Uno di questi si guastò in mezzo ad un'autostrada, lasciando i suoi occupanti bloccati a temperature inferiori allo zero: Richardson e Valens si raffreddarono, e il batterista Carl Bunch subì un principio di congelamento alle gambe. Non era inoltre prevista la presenza di una crew, e i musicisti dovevano caricare e scaricare da soli il materiale.

Il 2 febbraio era stato stabilito un giorno di riposo per gli artisti, ma l'organizzazione decise all'ultimo momento di contattare la "Surf Ballroom" di Clear Lake, nello Iowa, e lo spettacolo venne fissato. All'arrivo Buddy Holly si lamentò del viaggio in pullman, e propose di completare la successiva tappa con un aereo da turismo fino a Fargo. Per il volo fu scelta la Dwyer Flying Service di Mason City, che fornì un aereo Beechcraft Bonanza B35 (V-tail) e il pilota Roger Peterson, allora solo ventunenne e purtroppo inesperto.

Come abbiamo visto finora le condizioni per questa trasvolata erano pessime: tutto sembrava concorrere al disastro. A scegliere chi dovesse vivere e chi morire, per fortuna o purtroppo, si aggiunse anche il fato.

L'aereo era stato prenotato per Buddy Holly e i suoi musicisti Waylon Jennings e Tommy Allsup.

J. P. "The Big Bopper" Richardson risentiva dei postumi della malattia, e preferiva evitare un'altro viaggio sul freddo pullman; chiese quindi a Waylon Jennings se potesse cedergli il suo posto sull'aereo, e questi accettò. Quando Buddy Holly venne a sapere di questo scambio, augurò scherzosamente a Jennings di congelare sul pullman; lui gli rispose augurandogli altrettanto amichevolmente che il suo aereo precipitasse. Queste ultime parole tormentarono Jennings per tutta la sua vita.

Ritchie Valens aveva da poco superato la sua fobia per il volo che per anni non lo aveva fatto salire sugli aerei, e chiese a Tommy Allsup se potesse cedergli il suo posto. Allsup propose che la questione venisse decisa dal lancio di una moneta: il fato scelse Valens.

Questo almeno secondo le testimonianze di Allsup e Jennings raccolte all'epoca, che sono state la versione ufficiale per 50 anni. Quella di Dion DiMucci è invece discordante. Durante un'intervista rilasciata nel 2009 egli sostenne che Buddy Holly convocò lui e Ritchie Valens in un camerino vuoto, dicendo di aver prenotato un aereo e che era giusto che vi salissero loro che erano i leader, e non i membri delle band, ma che c'erano solo due posti disponibili. Era Valens, e non Richardson, a risentire dei postumi della malattia, e che Ritchie Valens e DiMucci si giocarono il passaggio con la moneta. La sorte scelse Dion DiMucci per l'aereo, ma questi vi rinunciò quando seppe che il volo costava 36 dollari a testa (equivalenti a 300 dollari attuali). C'è da dire che all'epoca dell'intervista DiMucci aveva 70 anni, e che era passato mezzo secolo dai fatti; forse la sua memoria non era proprio perfetta.

Comunque sia andata, su quell'aereo salirono Buddy Holly, J. P. "The Big Bopper" Richardson e Ritchie Valens. All'una di notte del 3 febbraio 1959 il piccolo charter partì dall'aeroporto di Mason City nonostante il maltempo: stava infatti nevicando. Solo cinque minuti dopo, il proprietario del Dwyer Flying Service vide il velivolo iniziare a scendere a terra in maniera anomala. Diversi suoi tentativi di mettersi in contatto via radio con l'aereo non ottennero risposta. Il mattino successivo Hubert Jerry Dwyer decollò ripercorrendo la rotta dell'aeroplano di Peterson; gli bastò viaggiare per otto chilometri per trovarne i resti in un campo. Tutti i suoi occupanti avevano perso la vita nell'istante stesso dello schianto.

La notizia causò grande scalpore negli Stati Uniti. Nel 1971 Don McLean, nella sua canzone "American Pie", coniò l'espressione "The Day the Music Died" che venne da subito adottata per indicare il giorno del disastro.

Tanto tanto tempo fa / Ricordo come quella musica mi facesse sorridere / E sapevo che se avessi avuto la mia occasione / Avrei fatto ballare quella gente / E forse sarebbero stati felici per un po’
Ma febbraio mi faceva venire i brividi / Ogni volta che consegnavo i giornali / Lasciavo brutte notizie davanti alla porta / Non potevo andare avanti così
Non ricordo se ho pianto / Quando ho letto della sua sposa rimasta vedova / Ma qualcosa mi ha toccato nel profondo / Il giorno in cui la musica morì
Ciao Miss American Pie / Guidai la mia Chevrolet fino all’argine, / Ma l’argine era secco / E vecchi amici bevevano wiskey di segale / Cantando che questo sarebbe stato il giorno in cui sarei morto / Questo sarebbe stato il giorno in cui sarei morto
(Don McLean)

Articolo originale pubblicato il 03/02/2018 su Onda Musicale

Leggi anche:
La Bamba: il film sulla tragica storia di Ritchie Valens
Il funerale della disco
Tony Scott: come l'Italia segnò la fine del più grande clarinettista jazz

Nessun commento: