14 maggio 2006
La stanza di sopra
Era da un mese che stavano assieme, Giacomo e Marisa. Grandi abbastanza per voler vivere da soli, ma per il momento senza i soldi per farlo. Così sia lui sia lei stavano ancora con i genitori. Oh, non era poi così un problema, si vedevano quasi tutte le sere. Solo che non avevano un posto in cui fare l’amore. Fosse semplice! Non lo potevano certo fare tra le mura domestiche, con i genitori nella stanza di fianco. La macchina? Aveva lo stesso problema della casa. Niente da fare.
Fu una sera che a lui uscì la frase “Beh, un posto ci sarebbe…”
Ma procediamo con ordine.
Erano già quattro anni che Giacomo lavorava presso quell’ufficio. Un ragioniere come tanti, cioè un lavoro di merda. Però non sgarrava mai, e questo il suo capo lo apprezzava, anche se non aveva ancora imparato il suo nome. “Giovanni” o “il ragazzo” lo chiamava. Fatto sta che il ragazzo s’era guadagnato il rispetto del principale, che gli aveva pure lasciato la chiave dell’ufficio, visto che arrivava prima degli altri, così poteva aprire e cominciare subito gli ingrati calcoli.
Un posto ci sarebbe, e quella sera Giacomo e Marisa ci andarono. Anche se era notte, la chiave dell’ufficio entrava liscia e girava che era una meraviglia, a lui parve strano. Giacomo aveva paura che li scoprissero, e lei ne aveva, se possibile, ancora di più. Le fece compiere uno strano giro turistico al buio per le sale dell’ufficio, solo un po’ di luce filtrava dalla strada. Più per assicurarsi che non vi fosse nessuno, che altro. Questo è il mio pc, questa la mia sedia, questo il temperamatite. Finita l’esplorazione si fermarono entrambi, leggendo ognuno nello sguardo dell’altro la domanda “e adesso dove ci mettiamo?”
La poltrona dell’ingresso fu un’ottima postazione per i preliminari. Le mani di lei, calde e voraci, turbinavano sul suo corpo, facendogli perdere dimensione e contatto con la realtà. In poco tempo furono spogliati quasi interamente. Ora non si preoccupavano più di dove fossero, così Giacomo la sollevò di peso e la depose su di un tavolo, duro ma non importava, i sensi avevano preso il sopravvento. Anche lei sembrava non soffrirne. Fecero l’amore, sì, ma ogni rumore proveniente dalla strada li faceva fermare e ricominciare, fermare e ricominciare, in un eterno e fastidioso stop and go. Solo l’orologio riuscì ad arrestarli. Si rivestirono che erano ancora sudati ed eccitati.
Uscendo dalla porta dell’ufficio al mattino presto, sensazione strana, l’aria era ancora più fredda sulla pelle sudata, e la luce dei lampioni fastidiosa ai loro occhi abituati al buio. Correndo verso casa, gli veniva quasi da ridere, come avessero fatto una marachella impossibile da scoprire.
Il mattino dopo in ufficio, Giacomo riguardò la poltrona e il tavolo. Avevano stranamente ripreso l’aspetto di ogni giorno, e non quello magico e imprudente della sera prima. La poltrona professionalmente attendeva i primi clienti, e il tavolo non era più un talamo complice d’amore, ma il fedele compagno di lavoro di sempre. Solo che se Giacomo li guardava, gli strappavano un sorriso. Avete in mente quando sognate una persona, e poi il mattino dopo la incontrate? Ecco.
Giacomo e Marisa avevano così trovato un’alcova stabile e riutilizzabile, e le occhiate complici che si lanciarono quella sera lasciavano intendere che vi sarebbero tornati spesso. La seconda volta però lui s’era attrezzato: si era portato un lettino pieghevole e un paio di coperte. Doveva certo apparire una figura strana questa giovane coppia che si aggirava per il centro città, di notte, con un simile e sfrontato armamentario, ma per fortuna quasi nessuno li vide. Nessuno che potesse farli scoprire, insomma. Con il lettino le cose migliorarono, eccome. Ma rimaneva sempre quel brivido di paura, il timore di essere scoperti che frenava i loro istinti.
Il lettino, già. Silenzioso complice di molte notti seguenti, rendeva tutto più semplice. Ormai la formula era collaudata, non servivano altri preziosismi per allestire l’alcova. Giusto una bottiglia di spumante se l’occasione era speciale, o un cd romantico per nuove eccitazioni.
Fu per introdurre una variante, che una sera Marisa propose a Giacomo di riutilizzare la poltrona.
Così il mattino dopo, con l’ufficio che era tornato un mero luogo di lavoro, il mobile dell’ingresso strappò un sorriso compiaciuto a Giacomo, come i primi tempi di quel loro strano pellegrinaggio notturno. Prima di cominciare il lavoro, il ragazzo vi si adagiò, con lo sguardo perso e la testa alla sera precedente. Fu da quella posizione che si ritrovò ad osservare le scale che dall’ingresso portavano al piano di sopra. Beninteso, quelle scale le aveva sempre viste. Solo che sapeva come quella porta là in cima fosse sempre stata per lui irrilevante, in quanto chiusa a chiave. I colleghi dicevano vi fosse celata una vecchia stanza, bloccata anni fa quando da un appartamento si era deciso di ricavare l’ufficio, e che veniva usata come ripostiglio. Non era di sua competenza né interesse, insomma.
L’idea della stanza al piano di sopra, però, lo accompagnò per tutta la giornata. Non era un pensiero fisso, ma piuttosto latente, sotterraneo, nascosto sotto i calcoli di quel giorno lavorativo. E fu proprio mentre non ci pensava, che gli venne un’idea. L’ufficio era stato ricavato da un appartamento, ok, questo lo sapeva, ma solo in quel momento rifletté sul fatto che i volumi erano rimasti pressoché gli stessi, e quindi le murature e le porte interne erano quelle della vecchia casa. Era possibile che tutte le serrature interne rispondessero ad un'unica chiave? Era possibile, sì, e decise di provarci quella sera. No, non resistette così a lungo, era troppo eccitato dall’idea che quell’ambiente celato si potesse rivelare un’alcova migliore. Sfilò la chiave della stanza in cui lavorava e si diresse verso l’ingresso. Si guardò attorno a lungo, non avrebbe potuto giustificare in alcun modo la situazione di fronte ad un collega che l’avesse sorpreso. Corse leggero in cima alle scale, diede un ultimo sguardo all’ingresso, infilò la chiave e la girò. Premette la maniglia lentamente per non far rumore, e la spinse avanti di pochi centimetri. Non guardò all’interno della stanza, vi dico, gli bastò intravedere la luce calda e sentire l’odore tiepido e pulito, mi capite? Come la stanza degli ospiti in casa della nonna, ecco. Tanto gli bastò, chiuse e scese le scale che non stava nella pelle.
Quella sera niente lettino. Marisa glie ne chiese il motivo, e lui rispose che aveva in serbo una sorpresa. Aspettami qui, le disse indicando la poltrona dell’ingresso. Poco dopo, era di ritorno con la chiave. Salirono i gradini che portavano al piano di sopra, nel silenzio della notte li si sentiva scricchiolare. Giacomo infilò e girò la chiave, aprì la porta, e videro la camera per la prima volta assieme. La stanza in cima alle scale era tiepida e luminosa, erano anni che nessuno chiudeva quelle imposte. Le lasciarono così, aperte alla luce della luna primaverile. Era tutto proprio come lui si era immaginato. Un letto di foggia antica, al centro della stanza, con sopra una coperta pesante di un colore che non si usa più, e poi una sedia, un armadio e un comò intonati al letto. Solo poche cose accatastate vicino ad una parete. E nell’aria un odore di polvere, ma buono.
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5 commenti:
Anche "La stanza di sopra" è un racconto più recente, più "adulto" e più "professionale" rispetto agli altri.
E' ispirato alla canzone "The upstairs room" dei Cure.
Ha partecipato al primo concorso di racconti organizzato dal sito "La Scrivania" (www.lascrivania.com) e lo trovate anche all'indirizzo http://www.lascrivania.com/topic.asp?TOPIC_ID=967&FORUM_ID=9&CAT_ID=3&Topic_Title=Primo+Concorso+Racconti+Brevi+de+LaScrivania%2Ecom%21&Forum_Title=La+vostra+creativit%E0
Il blog "Che storia!" festeggia con questo racconto ben 2000 visitatori!!!
Terza tornata (e ultima, perché mi sono stufato) del mio esperimento sulle chiavi di ricerca, iniziato 4 settimane fa.
Grazie alle chiavi di ricerca "ammiccanti" i visitatori di questo blog sono aumentati... ben del 72% rispetto alla settimana precedente l'inizio dell'esperimento!
Tra le chiavi di ricerca più simpatiche segnalo "farmela addosso" "pompini" "gran porca racconti" e "al cane escono bachi dal sedere". Mi dispiace per il tuo cane.
In conclusione: l'esperimento funziona, e anche bene.
Ciao, da qualche altra parte ho lasciato un commento che ti chiede se vorresti creare dei testi per le mie classi. Fammi sapere. Sarebbe grandioso. Tanya
Ti ho risposto, Tanya. Sono entusiasta del progetto!
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