08 aprile 2024

"Eureka 1948-1949" di Elio Fox

Nella mia costante ricerca sulle fanzine trentine, ho ricevuto questo interessante testo da Elio Fox, il quale ricorda i tempi della rivista Eureka.

Eureka

1948 - 1949

Dopo la scuola, fra il 1948 e il 1949, alcune amicizie erano rimaste e ad un certo punto ci è venuto in mente di fare un giornale. Sono le idee pazze che vengono ai giovani, ma è stata anche una bellissima avventura. Lo battezzammo Eureka, che non sapevamo neppure cosa volesse dire.

Io ero il direttore responsabile, non perché fossi il più bravo, solo perché ero il più anziano del gruppo, avevo 19 anni.

Facevano parte della squadra:

Gino Creazzi, (1931-1986) che lavorava allo sportello dell’APT / Azienda Provinciale per il Turismo, in Piazza Duomo, sotto i portici, nello stesso angolo dove oggi c’è la rivendita giornali. Era stato assunto dall’APT perché conosceva alla perfezione la lingua tedesca, lui era nato in Germania perché lì viveva allora la sua famiglia. Pubblicò due libri di poesia in lingua e di racconti, Fermata obbligatgoria e Fata mogana, poesie in dissovenza. Ho scritto la prefazione di entrambi. 

Poi c’erano:

Enzo Postal (1935), e proprio a casa sua, in Via dei Mulini, avevano luogo gli incontri redazionali per impostare il giornaletto. A casa sua però ci trovavamo anche per giocare a ramino (senza metterci dei soldi, che non avevamo, chi perdeva, pagava un bicchiere di vino al vincitore). 

Giulio Maria Marchesoni per noi Giulietto, poeta scomparso giovane (come purtroppo, anche Gino), autore di alcune opere, delle quali ricordo Alla curva del cielo e I blues del sabato sera, intenso libretto di poesia, struggente fin dal titolo, del quale mi ha fatto omaggio; ci vedevamo tutti gli anni a Caldonazzo, in agosto, dove la sua famiglia trascorreva le ferie, come quella di

Gian Pacher (1935-1987), che al giornaletto sarebbe approdato l’anno successivo; da quando Gian iniziò la sua collaborazione ad Eureka, si intensificarono i nostri rapporti, al punto che lui mi ospitava a Caldonazzo, in camera sua, ospite della sua famiglia per almeno una settimana; pubblicò a puntate sul giornaletto, le «sue esperienze» di un viaggio in medio ed estremo Oriente, fatto con il prof. Carlo Pacher, forse un suo zio, comunque un parente, anche lui un amico. Naturalmente Gian non era mai neppure uscito da Trento, ma questo noi allora non lo potevamo sapere. Però questo suo viaggio nella fantasia era scritto bene e infatti Gian diverrà uno scrittore di ottimo successo. Aveva una sorellina, Camilla, un gioiello.

Luigi Micheloni, bravo disegnatore e sul giornaletto pubblicavamo le sue vignette. Ancora nel secondo anno di vita del giornaletto, trovò posto e si trasferì a Milano e non ne ho più saputo nulla.   

Con noi c’era anche una bella ragazza,

Daria Bazzanella, oggi sposata Failoni, quello che aveva un negozio di tessuti e vestiti in Piazza Duomo (oggi il negozio di tessuti non c’è più e con le figlie gestisce un centro di ritrovo culturale e sociale, Hortus Altieri, aperto nella stradina che corre a fianco del negozio che fu del marito (Vicolo dei Birri che sbocca in Via Maffei). Sul giornale si firmava Dear. E non ricordo perché ci mandasse i suoi articoli da Riva del Garda.

Allora non c’erano molte regole per stampare un periodico dalle uscite irregolari, non occorreva neppure registrarlo in Tribunale nell’«Albo di periodici», perché, appunto, non era periodico. Nessuno di noi era giornalista, ma non c’era neppure l’Ordine dei Giornalisti

Ripetere quell’esperienza in quel modo, oggi non sarebbe neppure pensabile.  

Stampavamo questo giornaletto presso la tipografia La Reclame del signor Giuseppe Veronesi, che si trovava all’interno di Palazzo Sardagna, in Via Calepina, dove adesso c’è anche il Museo di Scienze Naturali, ma la tipografia era al piano terra.

Quando era ora di fare i conti, il signor Veronesi «sbagliava» le somme a nostro vantaggio, perché non sempre la pubblicità che riuscivamo a raccogliere, copriva le spese.

Avevamo chiesto il sostegno del Comune, che naturalmente non si mosse.

La Provincia come ente autonomo non esisteva ancora, e tutto faceva capo alla Regione. Fu questa insensibilità istituzionale a spingermi a fare un azzardo.

Scrissi un articolo, che apparve sul quotidiano ALTO ADIGE, nel quale denunciavo la situazione dei giovani in città. Gli unici luoghi d’incontro erano gli oratori parrocchiali, dove certe attività non si potevano certo svolgere.

Mi contattò il signor Ugo Busarello, titolare di un ufficio di promozione turistica (si chiamava RUMOR, allestiva stand per le fiere) e mi disse che per attirare l’attenzione delle Istituzioni, avrebbe organizzato un pubblico dibattito. Si accordò con il gallerista Enrico Graziola, la cui sede espositiva si trovava al primo piano di Palazzo Roccabruna in Via Santa Trinità. Ci diede la sala gratis.  Venne una grande folla e come risultato pratico ottenemmo che l’agente pubblicitario della SPI/Società per la Pubblicità Italiana (allora c’era solo quella), il signor Perlini, raccogliesse la pubblicità anche per Eureka.  E, grazie a lui, abbiamo pagato i debiti.

Il giornaletto non durò egualmente a lungo.

Non so se Daria sia stata la prima ad andarsene, si fidanzò e poi sposò un ricco commerciante di Piazza Duomo, il signor Failoni, ottima persona; Enzo Postal e Sergio Michelon andarono a Milano, Giulietto Marchesoni non stava bene di salute e si era allontanato, Gino Creazzi venne promosso e trasferito da Piazza Duomo all’ufficio centrala dell’APT. Restavamo Gian ed io.

Allora la bellissima avventura finì, dopo circa due anni. Non ricordo quanti numeri ne vennero stampati.


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