Tony Scott, votato più volte "miglior clarinettista dell'anno" dalla rivista specializzata "Down Beat", fu un polistrumentista jazz italoamericano, e purtroppo il nostro Paese ebbe un ruolo fondamentale nel suo declino.
Nato nel 1921 negli Stati Uniti da genitori siciliani, Anthony Joseph Sciacca (questo il suo vero nome) si diplomò in clarinetto alla Juilliard School e proseguì gli studi alla Contemporary School of Music di New York. Seppure molto giovane riuscì a suonare nei locali della 52esima strada, iniziando ad incidere dischi a suo nome. Questo lo portò negli anni '50 a conoscere e a suonare con mostri sacri del jazz come Duke Ellington, Charlie Parker, Ben Webster, Lester Young, Buddy DeFranco, Bille Evans. Amico intimo di Billie Holiday, collaborò musicalmente con lei e le fu vicino fino alla morte. Fu autore dell'arrangiamento orchestrale di "Day-O (Banana Boat Song)" cantata da Harry Belafonte. Negli anni 1955-'57-'58 e '59 vinse il prestigioso riconoscimento della rivista "Down Beat".
Raggiunto tale livello di fama, il suo desiderio di sperimentare e apprendere nuove tecniche lo portò negli anni '60 a viaggiare in oriente, in Giappone, Singapore, Malesia, Thailandia, Hong Kong. Qui la sua ricerca lo condusse ad unire il jazz con la musica di quei luoghi, dando il via al genere che più tardi sarebbe stato chiamato New Age.
La tappa indonesiana fu però drammatica: probabilmente scambiato per una spia americana, fu sequestrato e torturato per tre settimane e mezza, prima di essere rilasciato. Da quel giorno la sua vita non fu più la stessa, e visse in uno stato di perenne inquietudine e paranoia.
Continuò il suo personale percorso musicale trasferendosi in Sudamerica e in Africa, alla ricerca delle più profonde radici del jazz. Tornato negli Stati Uniti, scoprì che nel frattempo il jazz era cambiato, e decise di stabilirsi definitivamente in Italia negli anni '70.
Purtroppo il nostro Paese lo ignorò completamente, e Tony Scott, salvo qualche brevissimo momento di gloria in apparizioni importanti, si ridusse a vivere come un barbone e a suonare alle feste di paese e in locali infimi. Morì a Roma nel marzo del 2007, nel silenzio delle istituzioni e della stampa.
Nel 2010 uscì il film "Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz" del regista Franco Maresco, che ricostruisce la vita di Tony Scott come artista e come uomo, rendendo il dovuto omaggio, anche se postumo, alla sua figura. Ne consiglio a tutti la visione; si trova gratuitamente sul sito della Rai a questo link.
Articolo originale pubblicato il 07/11/2017 su Onda Musicale
Leggi anche:
La musica classica si è arrabbiata
Marvin Gaye, la voce di un angelo e una vita d'inferno
Il tragicomico aneddoto su Al Stewart
Nato nel 1921 negli Stati Uniti da genitori siciliani, Anthony Joseph Sciacca (questo il suo vero nome) si diplomò in clarinetto alla Juilliard School e proseguì gli studi alla Contemporary School of Music di New York. Seppure molto giovane riuscì a suonare nei locali della 52esima strada, iniziando ad incidere dischi a suo nome. Questo lo portò negli anni '50 a conoscere e a suonare con mostri sacri del jazz come Duke Ellington, Charlie Parker, Ben Webster, Lester Young, Buddy DeFranco, Bille Evans. Amico intimo di Billie Holiday, collaborò musicalmente con lei e le fu vicino fino alla morte. Fu autore dell'arrangiamento orchestrale di "Day-O (Banana Boat Song)" cantata da Harry Belafonte. Negli anni 1955-'57-'58 e '59 vinse il prestigioso riconoscimento della rivista "Down Beat".
Raggiunto tale livello di fama, il suo desiderio di sperimentare e apprendere nuove tecniche lo portò negli anni '60 a viaggiare in oriente, in Giappone, Singapore, Malesia, Thailandia, Hong Kong. Qui la sua ricerca lo condusse ad unire il jazz con la musica di quei luoghi, dando il via al genere che più tardi sarebbe stato chiamato New Age.
La tappa indonesiana fu però drammatica: probabilmente scambiato per una spia americana, fu sequestrato e torturato per tre settimane e mezza, prima di essere rilasciato. Da quel giorno la sua vita non fu più la stessa, e visse in uno stato di perenne inquietudine e paranoia.
Continuò il suo personale percorso musicale trasferendosi in Sudamerica e in Africa, alla ricerca delle più profonde radici del jazz. Tornato negli Stati Uniti, scoprì che nel frattempo il jazz era cambiato, e decise di stabilirsi definitivamente in Italia negli anni '70.
Purtroppo il nostro Paese lo ignorò completamente, e Tony Scott, salvo qualche brevissimo momento di gloria in apparizioni importanti, si ridusse a vivere come un barbone e a suonare alle feste di paese e in locali infimi. Morì a Roma nel marzo del 2007, nel silenzio delle istituzioni e della stampa.
Nel 2010 uscì il film "Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz" del regista Franco Maresco, che ricostruisce la vita di Tony Scott come artista e come uomo, rendendo il dovuto omaggio, anche se postumo, alla sua figura. Ne consiglio a tutti la visione; si trova gratuitamente sul sito della Rai a questo link.
Articolo originale pubblicato il 07/11/2017 su Onda Musicale
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