12 giugno 2023

Fahrenheit 9/11: "La temperatura a cui la libertà brucia!"

Un'opera coraggiosa e controcorrente da parte di uno statunitense che gridava al mondo ciò che in America non si poteva dire.

Fahrenheit 9/11
 

"Fahrenheit 9/11" è un film-documentario del regista Michael Moore incentrato sull'amministrazione di George W. Bush, l'attentato alle Torri Gemelle e la seconda guerra del Golfo, uscito nel 2004. Attraverso immagini televisive prese dai principali network, e riprese ed interviste effettuate dallo stesso Moore, il documentario esprime una posizione molto critica nei confronti dell'allora presidente degli Stati Uniti.

Il film inizia trattando della vittoria elettorale di Bush alle presidenziali del 2000. Successivamente mostra l'attentato alle Torri Gemelle dell'anno seguente, e come il presidente fosse stato informato del disastro ma abbia continuato a leggere una fiaba ai bambini di una scuola. Partendo da qui il regista approfondisce le relazioni affaristiche tra la famiglia Bush e quella di Osama Bin Laden, i Sauditi e i Talebani. Molto interessante è anche la parte in cui viene mostrato il supporto incondizionato che alcuni media statunitensi hanno dato alla guerra. Segue una sezione sulle torture praticate dal personale statunitense ai detenuti iracheni nel carcere di Abu Ghraib.


Produzione

"Fahrenheit 9/11" venne pianificato inizialmente dalla Icon Productions di Mel Gibson, ma questa interruppe bruscamente l'accordo dopo poco tempo. La pellicola fu allora raccolta dalla Miramax Films, all'epoca sussidiaria della Disney. Quando la casa madre lo venne a sapere cercò in tutti i modi di impedire la realizzazione del documentario, addirittura si rifiutò di visionare le proiezioni di prova. La Disney si oppose alla distribuzione del film, e a seguito di ciò Harvey e Bob Weinstein della Miramax ne acquistarono personalmente i diritti. I Weinstein accettarono inoltre di rimborsare alla casa cinematografica principale tutte le spese sostenute fino a quel momento, circa 6 milioni di dollari, e si accollarono anche i costi necessari per finire il film e quelli di marketing. Fu infine raggiunto un accordo tra i fratelli Weinstein e la Disney in modo che il 60% del profitto del film fosse devoluto in beneficenza. In quella occasione Harvey e Bob Weinstein fondarono una ulteriore società, la Fellowship Adventure Group, per poter distribuire il documentario coadiuvata dalla Lions Gate Entertainment.

La Motion Picture Association of America (associazione che si occupa degli interessi degli studi cinematografici) ha assegnato al film un rating R, ovvero vietato ai bambini e agli adolescenti non accompagnati. Il documentario è stato proiettato in numerosi paesi del Medio Oriente, inclusi Emirati Arabi Uniti, Libano ed Egitto, ma è stato bandito in Kuwait. Il film non è stato proiettato in Arabia Saudita poiché le sale cinematografiche pubbliche non erano consentite dal 1983 al 2017. A Cuba una versione piratata del film è stata proiettata in 120 sale e persino trasmessa sul principale canale televisivo.

Critica

Quando il documentario uscì nelle sale era di straordinaria attualità: un'opera coraggiosa e controcorrente da parte di uno statunitense che gridava al mondo ciò che in America non si poteva dire. Ora, quasi vent'anni dopo, il film risulta meno comprensibile perché non ricordiamo più chi siano i personaggi che vi compaiono, e non li percepiamo più come i potenti della Terra. Il valore registico della pellicola rimane però immutato. Prendere spezzoni di telegiornali - ovvero materiale da tutti già visto - e rimetterli assieme per far percepire la storia nella sua interezza invece che un pezzetto alla volta, è un'operazione decisamente degna di nota. L'inizio del film, in cui vengono mostrati fuori-onda di politici che vengono truccati prima di entrare in scena, come fossero attori che si preparano ad uno spettacolo, è un'immagine molto forte ancora oggi. Vi sono inoltre alcune sequenze in cui il regista ha dato sfogo al suo humour, e che per fortuna non hanno perso la loro carica sarcastica.

All'uscita del film il Wall Street Journal lo ha descritto con le parole: "Nella sua forma migliore, 'Fahrenheit 9/11' è un burlesque impressionista della politica americana contemporanea che culmina in un cupo lamento per le vite perse in Iraq. Ma le cose buone - e ci sono alcune cose estremamente buone - continuano a essere contaminate dalla propensione della telecamera avvelenata di Mr. Moore nel trarre oscure deduzioni da prove dubbie." Entertainment Weekly ha invece scritto: "La polemica anti-Bush di Michael Moore ha dato a milioni di liberali frustrati esattamente quello che avevano bisogno di sentire nel 2004, e ha fatto infuriare quasi tutti gli altri." Infine il noto sito di recensioni cinematografiche Rotten Tomatoes lo ha classificato come: "Estremamente unilaterale nel suo atto d'accusa contro l'amministrazione Bush, ma vale la pena guardarlo per l'umorismo e i dibattiti che susciterà."

Riconoscimenti

"Fahrenheit 9/11" è stato un successo mondiale nonostante sia stato censurato in alcuni Paesi, e ha fruttato circa 222 milioni di dollari nel mondo, diventando così il documentario con il maggiore incasso nella storia. Il film ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes 2004, e nello stesso anno ha conquistato anche molti Razzie Awards - il simpatico riconoscimento con cui vengono premiate le pellicole peggiori. In particolare la giuria di questo award ha considerato i personaggi intervistati o mostrati negli spezzoni televisivi presenti nel film alla stregua di attori, assegnando i seguenti premi: peggior attore protagonista a George W. Bush, peggior attore non protagonista a Donald Rumsfeld, peggior attrice non protagonista a Britney Spears, peggior coppia a Condoleezza Rice, George W. Bush e al libro che leggeva ai bambini. Michael Moore ha rinunciato all'idoneità all'Oscar del documentario in favore di una sua trasmissione televisiva in pay-per-view il primo novembre 2004.


Colonna sonora

"Fahrenheit 9/11" è un documentario in cui la musica viene utilizzata come in un film, e ne è una componente importante. Colpisce in particolare la scena in cui i soldati americani in Iraq spiegano come il loro carrarmato abbia il lettore cd, e che loro ascoltano brani come "Fire Water Burn" dei Bloodhound Gang - meglio nota come "The Roof is on Fire" - per caricarsi mentre vanno in missione. Sui titoli di coda si può udire "Rockin' in the Free World" di Neil Young, ottima scelta perché rimane impressa nel cervello degli spettatori, anche se Michael Moore avrebbe preferito al suo posto "Won't Get Fooled Again" degli Who (ma Pete Townshend non diede l'autorizzazione). La soundtrack contiene molti pezzi contemporanei, come "Cocaine" di J.J. Cale, "Aqualung" dei Jethro Tull, "Shiny Happy People" dei R.E.M. ma non solo: sono presenti anche canzoni prese da altri film e persino brani natalizi. Le musiche originali del film sono state composte da Jeff Gibbs.

Il 5 ottobre 2004 nei negozi sono uscite ben due compilation ispirate al film: "Fahrenheit 9/11: Original Soundtrack" e "Songs and Artists That Inspired Fahrenheit 9/11". La prima contiene le canzoni udibili nel documentario, e presenta la seguente scaletta:

01. The Un-President - Jeff Gibbs
02. Vacation - (C. Caffey, K. Valentine, J. Wiedlin) The Go-Go's
03. Bush Waits...and Waits - Jeff Gibbs
04. Cantus in Memory of Benjamin Britten, For String Orchestra & Bell - Paavo Järvi and Estonian National Symphony Orchestra
05. We Gotta Get out of This Place - (B. Mann, C. Weil) Eric Burdon
06. Weapons of Deceit - Jeff Gibbs
07. Deserter - Jeff Gibbs
08. Cocaine - J. J. Cale
09. Shiny Happy People - (M. Stipe, B. Berry, P. Buck, M. Mills) R.E.M.
10. Magnificent Seven Theme - Elmer Bernstein
11. Afghan Victory Dance - Jeff Gibbs
12. Fire Water Burn - (J. Bloodrock, C. Evans, R. Lee Fowler, J. Franks, C. Pettiford, G. Wigfall) Bloodhound Gang
13. The Greatest American Hero (Believe It or Not) - (M. Post, S. Geyer) Joey Scarbury
14. Aqualung - (I. Anderson, J. Franks) Jethro Tull
15. All They Ask - Jeff Gibbs
16. Rockin' in the Free World - Neil Young

La seconda raccolta contiene invece brani selezionati da Michael Moore - che lui ascoltava mentre realizzava il film - ma che non vi compaiono. Il che se vogliamo è strano, considerando che sarebbe bastato riunire le canzoni presenti nel film ma non nella scaletta vista sopra per realizzare una seconda compilation. Le canzoni escluse sono le seguenti:

17. Dragnet March - Walter Schumann
18. Danger Ahead (The Theme From Dragnet) - Walter Schumann, Miklós Rózsa
19. Peter Gunn (Theme) - Henry Mancini
20. Ice Cream Truck #5 - Mark Fay, Melinda Simon
21. L'Eyefull Shower - Gerard Edgar
22. Crete Petit - Heinz Kiessling (Mondstein), Werner Tautz (Part)
23. Perfect Day - (John Alpers) Low Mass Tone
24. Bobby's Walk - Bob Golden, Lance Doss
25. Santa Claus is Coming to Town - (J.F. Coots, H. Gillespie) Bing Crosby and The Andrews Sisters
26. Let the Eagle Soar - John Ashcroft
27. America the Beautiful (non accreditata) - (S.A. Ward, K. Lee Bates) cantata dal coro dei Marine
28. Silent Night, Holy Night (non accreditata) - (F.X. Gruber, J. Mohr) Trevor de Clercq
29. The Washington Post (non accreditata) - John Philip Sousa
30. Bodies (non accreditata) - (Dave Williams) Drowning Pool
31. I'd Love to Change The World (non accreditata) - (Alvin Lee) Ten Years After
32. Spindlelegs (non accreditata) - King Palmer
33. Hackney Carriage (non accreditata) - King Palmer
34. Shopping Street (non accreditata) - King Palmer

Articolo originale pubblicato il 4/11/2021 su Onda Musicale.

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