25 gennaio 2021

"McCartney III": a 78 anni Sir Paul sforna un altro capolavoro di perfezione

Venerdì 18 dicembre è uscito "McCartney III", l'ultimo album di Paul McCartney.

Come nei precedenti dischi eponimi - "McCartney" del 1970 e "McCartney II" del 1980 - tutto il lavoro è stato realizzato dall'ex bassista dei Beatles, che ha composto, cantato, arrangiato e suonato ogni strumento. Chitarra acustica ed elettrica, basso, contrabbasso, piano, clavicembalo, mellotron, harmonium, pianoforte elettrico Wurlitzer e Fender Rhodes, sintetizzatore, batteria e le percussioni sono state tutte suonate da lui, con l'intervento dei fidi Rusty Anderson alla chitarra elettrica e Abe Laboriel Jr. alla batteria solo sulla settima traccia.

Questo ultimo LP è stato registrato in solitudine un po' per forza, in quanto Sir Paul era bloccato nella sua casa nel Sussex durante il noto lockdown derivato dalla pandemia di Covid-19. Ogni giorno McCartney si recava nel suo studio privato ad incidere e sovrapporre le tracce, all'inizio per se stesso, finché il lavoro non ha preso le dimensioni di un album vero e proprio. Completa il disco "When Winter Comes", brano ripescato dal 1992, che tra i crediti vede George Martin (scomparso nel 2016) come produttore.

Le opinioni su "McCartney III" finora vedono quasi tutti i critici concordi nel lodare il prodotto. A 78 anni Paul McCartney dimostra di non aver perso la vena compositiva né l'abilità tecnica: l'album è realizzato con precisione e molto ben arrangiato. La voce, lo sappiamo, non è più quella di una volta, ma Paul la usa senza sforzarla come accaduto a volte nel precedente album "Egypt Station". Raramente si è sentito un disco così coeso in cui nessun pezzo è da scartare. Vediamo assieme le singole canzoni:

Long Tailed Winter Bird: l'album si apre con il pezzo più ipnotico, basato su un riff vagamente blues, una batteria molto forte ed echi di psichedelia. Lo si potrebbe ascoltare per ore senza stancarsene.

Find My Way è un pezzo con echi country arrangiato benissimo, destinato sicuramente a diventare un singolo. Inizia con il suono di clavicembalo, batteria, basso, chitarra acustica, elettrica, mellotron e infine piano, ed è accompagnato da un video composto da diverse finestre in cui Paul suona tutti gli strumenti. Quello che appare evidente è che il musicista non ha perso la capacità e la voglia di divertirsi facendo musica. La pausa che la canzone fa a circa 2'50" dall'inizio per poi riprendere solo strumentale è spettacolare. La voce di Paul moltiplicata per fare un coro genera meraviglia. 


Pretty Boys è una tipica ballata alla McCartney, calda e avvolgente, un folk elettro-acustico con chitarra arpeggiata e clavicembalo. Il testo parla dei modelli che per lavoro vengono continuamente fotografati.

Women and Wives è il pezzo più riflessivo dell'album, un lento per pianoforte cantato da Paul come fosse un vecchio bluesman o l'ultimo Johnny Cash.

Lavatory Lil: sopra una base blues retta da chitarra e batteria, Paul costruisce una strana storia sarcastica. Il testo è tipico della produzione di McCartney (magari non della migliore). Versi come "You think she's being friendly / But she's looking for a Bentley" ricordano "She was just seventeen / never be a beauty queen". Purtroppo ora non c'è più John a modificare i testi di Paul per renderli perfetti.

Deep Deep Feeling è la vera perla dell'album. Dura più di otto minuti senza stufare, tra armonie vocali e un interessante uso della voce. La musica, vagamente acid-jazz, riesce a creare una tensione continua durante tutto il pezzo. Batteria, piano e una chitarra suonata come farebbe David Gilmour reggono tutto il brano, e la voce di Paul che continua a ripetere "The deep, deep pain" è ipnotica. Anche qui una pausa a circa 7'20" dall'inizio, e poi la canzone riprende, fino alla conclusione con la chitarra acustica che non ti aspetti.

Slidin': assolutamente hard rock, puro hard rock, più che "Helter Skelter" ricorda le strofe di "Happiness is a Warm Gun" o persino "Run like Hell" dei Pink Floyd. Chitarre, basso e batteria che spaccano ne fanno uno dei pezzi più potenti dell'intera discografia del nostro.

The Kiss of Venus: altra ballata alla McCartney basata quasi esclusivamente sulla chitarra acustica, impreziosita dalle note del clavicembalo.

Seize the Day: in ogni album di Paul i fans cercano un pezzo che ricordi i Beatles, e nel caso di "McCartney III" è proprio questo, ma vi si possono sentire anche assonanze degli Wings o del periodo solista. Il brano ha echi di "A day in the life", purtroppo senza orchestra. La canzone è la più allegra dell'album, ma sfortunatamente è anche la più uniforme e vi viene ripetuto in continuazione lo stesso riff.

Deep Down: altro pezzo riflessivo, con echi rhythm and blues e cantato in maniera vagamente soul. Anche qui la musica della strofa si ripete sempre uguale a se stessa, ma sul finale si fa apprezzare maggiormente.

Winter Bird / When Winter Comes inizia riprendendo la musica del brano che apre l'album, creando con questo una sorta di loop. Dopo circa 25 secondi si passa già a When Winter Comes, canzone con una musica completamente diversa. Paul ci racconta una storia ambientata nella campagna, abitata da giovani volpi, agnelli e galline, e dell'orto delle carote. All'interno dell'album è il pezzo cantato meglio, la sua voce è perfetta perché si tratta di una registrazione del 1992. La canzone è una pura ballata suonata alla chitarra acustica: uno di quei pezzi che ti fanno amare Paul McCartney.

In conclusione "McCartney III" è un ottimo album, in cui ogni suono e ogni strumento si trova lì dove sta bene e dove te lo aspetti, ma non per questo è un disco scontato. Anzi, tale precisione oggi stupisce. In poche parole: praticamente perfetto.

Articolo originale pubblicato il 21/12/2020 su Onda Musicale.

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